Sono periodi frenetici, troppo frenetici, mi guardo in giro e vedo o leggo di amici e gente sempre indaffarata o forzatamente alla ricerca di divertimento continuo.
Io invece sento sempre più spesso la voglia di rallentare, di far le mie cose lentamente, di lasciar andare i miei pensieri senza controllo, di ascoltarmi, di dormire, di annoiarmi coscientemente, insomma di cazzeggiare, perché solo così sento di poter ricaricare le mie batterie.
In questi tempi però sembra quasi un’eresia sentire o dire certe cose.
Per fortuna oggi mi è venuto in soccorso Beppe Severgnini sul suo “Italians”:
Non condannatevi al divertimento forzato
Se volete un consiglio per un’attività estiva, eccolo: annoiatevi.
Provare ad annoiarsi è più difficile che tentare di divertirsi. Bisogna saper resistere alla fretta, agli amici, alle occasioni e ai cattivi pensieri, uno su tutti: sto sprecando il mio tempo.
Invece chi si annoia oggi si prepara a divertirsi domani. Il divertimento forzato è roba da carcerati del tempo.
Fare il bagno nel mare una notte è meraviglioso; fare il bagno nel mare tutte le notti è banale (umido e stancante).
Aspettare l’alba una volta con gli amici, e bere un cappuccino all’apertura dei bar, è memorabile. Fare l’alba tutti i giorni è una noiosa manipolazione dei fusi orari: uno vive sull’orario di Fort Lauderdale anche se è in vacanza a Forte dei Marmi. Il cappuccino lo fanno sia qui che là.Le transumanze serali dei condannati al divertimento, in questa rotonda estate 2010, muovono a compassione. Stessi aperitivi, stesse frasi («Ehi raga, e adesso?»), stesse sigarette, stessi posti, stessi orari, stessa aria da comparse pubblicitarie. Solo gli adolescenti hanno la facoltà dell’uniformità; dai diciott’anni in poi si ha il dovere d’inventarsi almeno il tempo libero, visto che il resto è spesso obbligato.
L’Italia stesa al sole offre molte possibilità. Annoiarsi – senza esagerare – è una bella soluzione. Un modo sano per ripristinare un circolo virtuoso: mi annoio, mi vien voglia di divertirmi, mi diverto, mi stanco, mi riposo, mi annoio. Leggete Il tempo breve di Marco Niada (Garzanti): è un antidoto al veleno della frenesia.
La serata perfetta non è un diritto costituzionale, ma il frutto di pazienza, intuizione e combinazione. Non è neppure qualcosa che si compra: i soldi, in questa materia, sono utili, ma non garantiscono. Se avete dubbi provate a frequentare i luoghi dei ricchissimi: chissà cosa darebbero per divertirsi come a vent’anni, con una vespa e una birra.
Il divertimento continuo e obbligatorio sta provocando disastri. Per compensare l’eccitazione che scende si cercano stimoli sempre maggiori: più posti, più strada, più forte, più rischi e meno scrupoli. Prima o poi, venuta a noia anche l’orrenda equazione nordeuropea (sono ubriaco=mi diverto), arriva l’amico dell’amico che ha polvere in tasca (e sabbia al posto del cervello): e qualcuno, invece d’insultarlo, aspetta il suo turno.
La medicina, dicevo, è la noia. Una noia calcolata e coltivata, troppo razionale per essere ozio e troppo occasionale per diventar pigrizia. Aspettare le cinque del pomeriggio nella penombra dietro una persiana, con un libro e un marito, entrambi così così. Curare il giardino, quand’è chiaro che è lui a curare noi. Lavare la macchina pensando al primo sorso di birra. Guardare, dall’alto di un albergo o una collina, l’ingannevole ordine di una spiaggia, il luogo dove l’Italia scende nel mare, che le perdona quanto ha combinato più su.
Beppe Severgnini Corriere della Sera, 22 luglio 2010
Bello no?
Certamente per me è da annotare e tener sempre presente questa frase:
La serata perfetta non è un diritto costituzionale, ma il frutto di pazienza, intuizione e combinazione. Non è neppure qualcosa che si compra: i soldi, in questa materia, sono utili, ma non garantiscono. Se avete dubbi provate a frequentare i luoghi dei ricchissimi: chissà cosa darebbero per divertirsi come a vent’anni, con una vespa e una birra.
Insomma, buon cazzeggio a tutti!
Io cercherò di non farmene mai mancare una dose massiccia.
La decrescita è elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio.
Maurizio Pallante
E’ vero, siamo abituati a “correre” sempre anche nel tempo libero e se si “cazzeggia” si è OUT. Io stessa se non sono sempre “produttiva e attiva” mi sento in colpa e dico…cavoli ho fatto poco oggi!
“Cazzeggiare” comunque serve, serve anche per far scorrere i pensieri senza una logica o una direzione, serve a ritrovare ritmi più umani e ad ascoltare il proprio respiro !
Hai ragione Maurizo !!! w “il cazzeggio” 🙂
Alessandra
[…] di Maurizo Molinari, intitolato simpaticamente “voglia di cazzeggio” (cliccate QUI per leggerlo), mi ha fatto riflettere sui ritmi della nostra vita, sempre intensi anche nel tempo […]
IL TUO ARTICOLO MI HA FATTO RIFLETTERE e come vedi, caro Maurizio, ne ho scritto uno anch’io…
Ciao ! Grazie !!! Alessandra
[…] di Maurizio Molinari Devo dire che nei giorni scorsi mi sono dedicato con particolare impegno al cazzeggio, anche aiutato dal tempo piovoso della scorsa settimana, che però ha conciliato un clima raccolto […]
l’hai letto poi Il tempo breve di Marco Niada ?
[…] Mammamia che discorsi importanti, non ci sono abituato, sono troppo stanco, meglio che mi stenda un po’ a “cazzeggiare“. […]