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Archive for the ‘Territorio’ Category

Che bella atmosfera c’era ieri in Valtenesi. Scorrazzando per i campi con la mia bicicletta era tutto un movimento pacioso di gente intenta a “góer” (raccogliere le olive in dialetto), molti rumori di “pettini”, reti a terra sotto gli ulivi, “scalì” (scala a pioli per la raccolta delle olive) incastrati tra i rami, Panda bianche riesumate con incorporati anziani con larghi camicioni infeltriti a scacchi, cappelli di paglia, bambini, famiglie, cani che correvano.

Poi animali, tanti animali in libertà, fagiani, lepri, pecore, tante pecore, a un certo punto sono stato circondato da centinaia di pecore, con molti simpatici agnellini incuriositi da me e dalla bicicletta …

Pecore

… e ancora, cavalli, tanti, tantissimi cavalli e cavalieri a passeggio con i Cavalieri del Garda

Cavalli in Valtenesi

Cavalli in ValtenesiCavalli in Valtenesi

… un’atmosfera immensamente rilassante!

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Non riuscivo a dare forma testuale sintetica e consistente a come immagino il turismo presente e sempre più del futuro.
Ci hanno pensato Carlin Petrini e gli ICT days:

Il turismo del futuro?

Parte dai cittadini residenti,
dalla loro qualità della vita,
dalla capacità di essere felici,
dalla loro cura verso la terra che abitano.
I turisti arriveranno di conseguenza.

(Carlin Petrini)

Uomo disteso su un muretto in riva al lagoIo penso che il successo di ogni luogo parta dalla sua felicità e dall’energia che trasmette con il proprio vissuto.

Già, perché se ognuno di noi riflette sul proprio essere viaggiatore, si accorge in realtà di voler soprattutto vivere i luoghi e non solo attraversarli.
Quindi è necessario sempre più far parlare il vissuto del posto. Far diventare il proprio territorio il set vivente in cui le persone abbiano voglia di ambientare un breve pezzo della loro vita.

Ecco perché c’è bisogno di un’ottima politica locale, per la felicità dei propri cittadini.
Ecco perché la promozione turistica deve puntare sempre più sul racconto collaborativo e “social” del territorio.
Un cambio di paradigma che sono certo può dare frutti importanti.

Mammamia che discorsi importanti, non ci sono abituato, sono troppo stanco, meglio che mi stenda un po’ a “cazzeggiare“.
🙂

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Guardare il lago da un aereo sopra le nuvole?
Beh, ieri dalla Rocca di Manerba la sensazione era proprio quella, con la penisola di Sirmione sullo sfondo.

Rocca di Manerba

Nel fine settimana un sottile cuscino di nebbia si è adagiato sul lago dando luogo ad atmosfere molto affascinanti, …

Rocca di Manerba

… atmosfere da Highlands scozzesi, …

Rocca di Manerba

… ma anche sorprendenti contrasti di colori …

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A San Felice da qualche anno esiste una strana rotonda di forma allungata (nella foto qui sotto).

Mi diverte troppo il fatto che in paese, in modo assolutamente spontaneo, ormai per tutti quella rotonda è “ufficialmente” il Fagiolo, anzi, el fasöl.

Da qui alle indicazioni stradali il passo è breve:
… arrivi al Fagiolo, poi giri a destra e …” 😀

Rotonda fagiolo

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Il turismo cerca la natura

Il 55% degli italiani in una meta turistica cercano soprattutto natura e paesaggi gradevoli che insieme alla cultura e alla storia rappresentano gli ingredienti irrinunciabili. E’ quanto emerge da una ricerca Coldiretti-Swg presentata all’apertura della BIT (Borsa Internazionale del Turismo) 2012.

Tale interesse cresce con l’aumentare del reddito e per i turisti di città. Il 57% degli italiani ritiene di valore basso una vacanza senza ambiente incontaminato e bel paesaggio, per il 20% non vale addirittura nulla.

Beh, dovrebbero certamente tenerne conto gli amministratori gardesani nella pianificazione del territorio: l’ennesima prova che cemento non va d’accordo con un turismo di qualità.

Questo paesaggio è un patrimonio che non va disperso …

Le mete ideali?
Il Trentino Alto Adige per bellezze naturali e percorsi naturalistici, la Toscana per città d’arte e turismo enogastronomico, la Sicilia per prodotti agroalimentari tipici, l’Emilia Romagna per miglior rapporto qualità e prezzo, la Lombardia per offerta culturale.

… elementare Watson …

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In questi giorni sul Garda fa notizia la lettera aperta ai Gardesani di Aventino Frau, presidente uscente della Comunità del Garda, a pochi giorni dall’elezione del nuovo direttivo e del nuovo presidente.
Una lettera critica, che riporto integralmente sotto, ma che personalmente avrei preferito riportasse anche nomi e cognomi, altrimenti siamo sempre al solito gioco “tutti e nessuno”, non richiamando alcuno alle proprie responsabilità, divenendo così uno dei tanti generici sfoghi “gardesani”.

Ma non intendo parlare della lettera, voglio solo rendere un merito personale ad Aventino Frau che all’indomani dell’epidemia di San Felice del 2009 e del grande movimento su vari blog locali, tra cui il mio, ma anche a seguito delle iniziative della nostra associazione San Felice più felice, volle incontrarmi personalmente per ringraziare tutti per l’importante e meritorio lavoro di informazione e sensibilizzazione fatto, spronandoci a continuare su questa strada perché siamo la parte “sana” del Garda, invitandoci anche a fare rete a livello gardesano.
Ci tenne anche a dirmi quanto anche lui condividesse la strategicità nel dotare di ADSL ogni paese del Garda e dell’entroterra.

Vero, parole e una stretta di mano a cui non seguì alcun fatto concreto, ma a me fecero comunque piacere, e valutai con sorpresa per sensibilità e visione.

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Riflettevo su quanto è potente l’effetto sulla promozione turistica di un territorio diventare location di un importante film internazionale.

L’avevo già personalmente osservato a Megisti (anche detta Kastelòrizo), location del film culto generazionale e premio oscar Mediterraneo di Gabriele Salvatores.

Pochi giorni fa, mi trovo a fare un po’ di hiking nelle Sporadi Settentrionali (Alonissos, Skopelos, Skiathos), location del famoso film musical Mamma Mia!, record di incassi nel 2008.

Ovunque è tutto un pullulare di cartelli come questi …

… ebbene sì, ci sono agenzie che ti organizzano il matrimonio nella scenografica e pittoresca chiesetta sopra lo scoglio, la stessa del matrimonio nel finale di Mamma Mia!, che nella realtà è la chisetta di Agios Nikolaos a Skopelos  (nella foto)

… ma è anche un fiorire di tour organizzati da tutto esaurito tra le isole sui luoghi del film, di cinema all’aperto che trasmettono Mamma Mia! in varie lingue, di negozi che vendono cd con la colonna sonora, di turisti che vagano alla ricerca dei luoghi delle scene chiave del film, di macchine fotografiche che scattano a ripetizione …


… a nessuno pare più interessare la storia di queste isole, o le opere di Alexandros Papadiamantis (Ἀλέξανδρος Παπαδιαμάντης), ora sono ufficialmente i luoghi del mare e di Mamma Mia! … segno dei tempi!

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Oggi il cielo era particolarmente terso, i colori nitidi e il panorama dalla Rocca di Manerba era meraviglioso, anche Cami e la sua bambola Jessie erano incantate, un po’ per il panorama e un po’ perché le rovine del castello sono una splendida location per giocare a fare le esploratrici.



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Prima di partire per un viaggio di solito penso ad una cosa, una sola, che a pelle senza rifletterci mi piacerebbe fare e la faccio.
Così ad esempio mi capita di ritrovarmi in Germania d’inverno sul lungo Danubio in rollerblade senza quasi saperci andare, oppure sulle coste dell’Egeo a cavallo essendoci andato una sola volta in vita mia, e così avrei altre storie.

Domenica scorsa a Campèi de Sìma, ispirato da altri ciclisti ho avuto una di queste illuminazioni: “vorrei arrivarci in bicicletta e godermi il magnifico panorama gustandomi una birra con le gambe e i piedi in ammollo nella fontana di acqua gelata“.

Mmmhhh, non ho proprio resistito ed eccomi qui …

Partenza di prima mattina da San Felice, alle 9.30 ero già a Campèi de Sìma. Il giro è di circa 60km, partendo dai 120 mslm di San Felice del Benaco, raggiungendo un’altezza massima di poco meno 1300 mslm che si raggiunge più o meno a metà strada. I primi 30 km sono strada normale, mentre la parte centrale è di sterrato, cemento e sentieri, l’ultima parte invece è strada normale.

Sono salito seguendo il primo tratto della Cavallino, quindi da Vobarno, Degagna, Eno, Cavallino della Fobbia. Direzione poi Coccaveglie, inizia la strada sterrata, e dopo un paio di chilometri deviazione per Dosso Corpaglione.

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Passeggiare su passerelle sopra il fiume all’interno del “canyon” scavato dall’acqua, passare dentro la cascata del Pisot, osservare i resti delle vecchie fucine lungo il torrente, il maglio, l’ingegnoso sistema di areazione convogliando l’aria spostata dalla cascata, il Poiat per fare il carbone, un pranzo al rifugio Paradiso: è stata proprio una bella sorpresa la passeggiata nel Parco delle fucine di Casto!



Parliamoci chiaro, Casto non è esattamente un “bijoux” di paese, disseminato com’è di industrie (d’altronde ha dato i natali a Luigi Lucchini, fondatore dell’omonimo gruppo industriale), e senza il racconto di DiBo non mi sarei mai sognato di andarci e per di più invitare amici a trascorrere una domenica passeggiando sui suoi sentieri. Invece il parco delle fucine è proprio carino (a parte la pioggia che ci ha accompagnato per la seconda parte) e per di più con passeggiate per tutti e per tutti i gusti, con anche ferrate e ponte tibetano per i più temerari.

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Sono stati 4 giorni di festa di paese a San Felice, ogni sera un appuntamento dove piacevolmente incontrare tanta gente, fare le classiche quattro chiacchiere e degustare qualche buon prodotto locale.

Felixia con gusto30 giugno

Siamo partiti giovedì per il secondo anno consecutivo con la classica cena itinerante per i vicoli del paese assaggiando piatti e vini di tutte le oltre 20 postazioni gestite da ristoranti e produttori locali, ascoltando musica dal vivo e conversando piacevolmente con chi incontravamo. Ecco alcune foto scattate dal mio amico Marco, ehm, io infatti mi ero un po’ distratto …



Felixia nell’aia, tra olio e vino – 1 luglio

Il secondo giorno con Cami siamo andati rigorosamente in bicicletta nella splendida location della Cooperativa agricola di San Felice “La Verità” per una serata all’insegna dello spiedo con polenta, e delle danze con anche l’esibizione della scuola di ballo Cristian Dance: incantevole la ballerina con il vestito bianco, le bambine erano letteralmente estasiate nel vedere quei vestiti che a loro parevano da fate, ma anche i papà e in generale i maschietti 😛 …


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EnglishIo vivo qui, a San Felice del  Benaco!

Mi sento un privilegiato, come darmi torto?

Pare proprio un paradiso in terra, ed effettivamente vi sono luoghi idilliaci che sembrano dipinti, come l’Isola del Garda presentata nel video da Alberta Cavazza, o come l’azienda agricola Le Chiusure presentata dall’amico Alessandro Luzzago, ma anche il Santuario della Madonna del Carmine o la chiesetta di San Fermo e il promontorio retrostante.

San Felice però vi assicuro è un paese certamente carino, ma non è tutto così meraviglioso come l’occhio di Marco Preti ha splendidamente illustrato.

Questo video è tratto da Warda (che sono riuscito finalmente a guardare per la prima volta qualche sera fa), un bellissimo film documentario di Marco Preti e commissionato dall’Unione Comuni della Valtenesi (che ne detiene i diritti ed a cui va tutta la mia personale riconoscenza per questa splendida e lungimirante opera) girato raccogliendo luci, paesaggi e volti della nostra Valtenesi. Un lavoro di 1 anno dedicando 2 mesi di riprese per ogni paese: Moniga e San Felice durante l’estate, Soiano in autunno, Padenghe e Polpenazze d’inverno e Manerba in primavera.

Warda mostra l’aspetto più antico e romantico dei sei paesi della Valtenesi, l’unica vera ricchezza.

Veramente meraviglioso, immagini bellissime, la Valtenesi che vorrei e che mi piacerebbe si mantenesse, con una musica splendida, intensa ed evocativa del Quartetto l’Escargot (bellissima ad esempio “In Cammino“).

Eccone il trailer ufficiale, anche se personalmente preferisco la parte con le testimonianze:

Da Warda emerge che, come sempre, la bellezza di un territorio è fatta da poche persone fattive e illuminate. Voglio quindi rendere il mio personale omaggio a quelli che nel documentario hanno dato la propria testimonianza di vita e che a mio avviso sono i veri eroi e preziosissimi custodi del nostro territorio e della nostra identità, persone che, ognuna nel proprio ambito, contribuiscono a rendere il luogo in cui vivo un vero e prezioso tesoro, famoso fin dai tempi della Roma antica per la maestosità del panorama alpino e la mitezza del clima mediterraneo:

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Isola del Garda, uno dei luoghi più belli al mondo, proprio letteralmente fuori casa mia.

Mi sento un privilegiato ad aver trascorso la giornata di ieri in un luogo così magico, con in più il piacere di una visita guidata con i racconti di Alberta Cavazza, che sull’isola vive, figlia dei Conti Cavazza che dell’isola sono proprietari.

Il palazzo stile neogotico veneziano è certamente l’emblema dell’isola, ma io forse amo anche e soprattutto la sua parte più antica e mistica che ospitò persino S. Francesco d’Assisi, quella fortificata, i suoi meravigliosi giardini e la natura unica.

La parte frontale è oramai nota e famosa, ma anche arrivandovi dal retro il colpo d’occhio è meraviglioso …

Si arriva in barca al porticciolo al cui ingresso campeggia la coreografica torre e dal quale si accede alla piccola darsena …

Percorso un breve tratto di sentieri si arriva ai piedi del famoso splendido palazzo neogotico veneziano, dalla cui terrazza si riesce ad abbracciare l’intera Valtenesi con un unico colpo d’occhio …


… ai suoi piedi eleganti giardini con una splendida serra stile giardino d’inverno, o meglio, garden room, vista la nazionalità della contessa …

… passeggiando poi lungo i suoi lunghi sentieri ci si trova immersi in piccole baie, in una natura lussureggiante, ad una vegetazione a tratti non comune alle nostre latitudini, essendoci un microclima che consente la presenza anche di specie molto più mediterranee …

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I borghi e i paesi sono parte dell’identità e della storia italiana ed europea e ne caratterizzano da sempre territorio e panorama.

Sorvolo con l’aereo il territorio francese e subito mi balza all’occhio un grande senso di ordine, paesi di varie dimensioni con consolidati urbani molto compatti, densi, contenuti, racchiusi e ben definiti, circondati da piccoli boschi e vegetazioni, e al di fuori campi coltivati, niente capannoni, niente case sparse.
Dalla foto che ho fatto non si vede molto bene, meglio da un’immagine satellitare:

Percorro l’autostrada e mi accorgo che il mio sguardo riesce a correre libero e pacifico a lungo raggio su meravigliosi campi  in questa stagione infuocati dal giallo della colza e delle ginestre in fiore, su terreni a perdita d’occhio senza il “disturbo” delle urbanizzazioni.
Ma dove sono i paesi che vedevo dall’aereo? Ci sono solo i loro nomi sui cartelli di uscita dell’autostrada, ma all’orizzonte non riesco a vederli: aah, ecco il motivo dei piccoli boschi che li circondano!

Mi dico: proprio una grande lezione!
E siamo in Francia, un paese sviluppato, occidentale, europeo, con una economia più solida e florida della nostra.

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Zanzanù, è questo il nome di uno storico bandito che all’inizio del 1600 con la sua banda seminava il terrore sui monti dell’Alto Garda, in particolare nella zona di Tignale dove siamo stati in occasione dell’ultima passeggiata.

Non sapendone di più mi è sorta la curiosità: ma chi era Zanzanù?

Spulciando tra i miei libri a casa ho trovato un breve profilo:

17 agosto 1617. Per il bandito Zan Zanone (Zanzanù) è stata la data della morte. Giovanni Beatrici, detto Zan Zanone, con la sua banda faceva da anni il bello ed il cattivo tempo tra i monti dell’Alto Garda. Sicuro che nessuno avrebbe avuto il coraggio e la forza di fermarlo, aggrediva, derubava ed uccideva non solo lungo i sentieri della montagna, ma anche vicino e dentro i paesi. Non rubava ai ricchi per dare ai poveri, come faceva Robin Hood, ma a chiunque si trovasse sulla sua strada, ricchi o poveri che fossero. E quando non erano sulla sua strada andava lui a cercare loro.

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Ogni volta che passavo davanti al Prato della Fame (Pra’ de la Fam, un lembo esteso di spiaggia a 6 km a nord di Gargnano) mi sono sempre chiesto l’origine di questo curioso nome. Così mi è successo anche in occasione dell’ultima passeggiata.

La risposta l’ho trovata sbirciando un libro che ho a casa:

Quando i fieri venti e le burrasche del Garda costringevano barcaioli e pescatori ad approdare sulla spiaggia di detriti trasportati a lago dai monti di Tignale dalle piene del torrente Baès, ed a rimanere per più giorni, la Fame veniva a tener loro compagnia.

Al Prato della Fame, oggi anche porto di Tignale, mancavano i mezzi di sostentamento e ci si poteva allontanare solo così come ci si era arrivati: via lago. Le alte pareti rocciose impedivano il passo ed i collegamenti con i paesi dell’entroterra. Prima che fosse costruita la Gardesana (1931) le merci viaggiavano sull’acqua ed erano molte le imbarcazioni che solcavano il lago. Erano anche molte le barche dei pescatori che dal lago ricavavano un piccolo ma sicuro reddito; inoltre, il pesce invenduto serviva a sfamare la famiglia.

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Per chi soffre di vertigini forse non è il sentiero più adatto essendo a tratti esposto e a picco sul lago, però è abbastanza agevole.
Da buoni temerari è questa la passeggiata che abbiamo scelto di fare con Paola e Camilla.

Partenza da Prato della Fame (66 mslm) in riva al lago sulla Gardesana Occidentale a 6 km da Gargnano, lungo poi il sentiero 260 alla destra della limonaia ci si inerpica sulla costa rocciosa fino a Gardola di Tignale (555 mslm), dove si arriva dopo 1 ora e mezza circa soddisfatti e con gli occhi pieni di splendidi panorami.

Domenica scorsa era una giornata dal meteo ideale, pieno inverno ma temperature eccezionalmente alte, 18-20 gradi. Deciso: si va a camminare.

Lasciata l’auto al Prato della Fame (Pra’ de la fam) proprio sulla Gardesana di fronte alla grande limonaia riattivata dalla Comunità Montana Parco Alto Garda Bresciano,  proprio tra la limonaia e il bar-trattoria-hotel “Al Prà” parte la segnavia N° 260. Poco sopra i vecchi edifici in ristrutturazione si passa sopra un ponticello da dove si può ammirare la cascata del torrente Baès, dove viene anche raccolta l’acqua necessaria per irrigare i limoni.

Il primo tratto il sentiero sale sfruttando i punti deboli della parete rocciosa che sovrasta la costa dell’alto-Garda, e dove era più compatta la sede è stata ottenuta a colpi di piccone. Se penso che fino ai primi ‘900 (quando fu costruita la strada dal lago a Gardola) questa era la strada che percorrevano a piedi i primi turisti dell’altopiano di Tignale una volta scesi dal piroscafo, mi viene male.


Dopo circa 1 ora a quota 400 mslm improvvisamente termina la parete rocciosa e ci si trova su un’autentica terrazza naturale sul lago. Qui si possono vedere ancora gli anelli di ferro a cui era ancorata la vecchia teleferica che trasportava le merci dal lago fino a Tignale.

Da qui in poi ci si trova a percorrere un bel sentiero in mezzo a prati e ulivi, poco dopo si prende la segnovia N° 266 per Gardola.

Dopo non molto si incontra la strada principale nella frazione di Oldesio, dove noi ci siamo fermati a mangiare al piacevole ristorante “Al Terrazzo”, ottima cucina, prezzi onesti e splendido panorama su tutto il Lago di Garda e il Monte Baldo.

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Quella di venerdì scorso è stata una serata sul nostro dialetto del basso Garda bresciano particolarmente apprezzata e a tratti anche molto divertente, oltre che molto partecipata.

Il nostro rigattiere del paese ha portato alcuni attrezzi che venivano usati una volta, come ad esempio la “gramola” (sfido qualcuno a dirmi a cosa serviva) qui sotto in fotografia, mentre le signore del paese hanno preparato dei dolci tipici che poi al termine della serata abbiamo gustato in compagnia.

Claudio Mazzacani è riuscito ad accontentare tutti i partecipanti.

Ha iniziato con una prima parte culturale illustrandoci le origini storiche del nostro dialetto, le contaminazioni germaniche, celtiche, latine, cimbre di alcuni termini ancora in uso, così pure le evoluzioni nel tempo e nei paesi dovute all’estendersi di scambi e commerci.

Ci ha poi allietato con una seconda parte a base di racconti e aneddoti. Eccovi un video (più sotto trovate anche il testo) di Mazzacani che legge un suo racconto particolarmente divertente dal titolo:

Come l’ó ciapàda, ve la dó

Complimenti a tutto il gruppo di lettura Libriamoci per l’organizzazione, a Paola per la piacevole lettura della poesia iniziale e alle signore del paese che hanno preparato dei buonissimi dolci! 🙂

Ála botéga… (come l’ó ciapàda, ve la dó)

Boletus Satanas (Claudio Mazzacani)
Ottobre 1994

Interno di una bottega di alimentari e generi vari.

Personaggi: Maria “dèl Prét” (M), Pierina “sgurléra” (P) e la boteghéra Antonièta (A) detta “l’aradio” .

A. Ghif sintìt dèla Rusì “fügia” ?
M. Som niènt! Che ghè capitàt, turna, a chèla póera fonna?
A. Ah… so niènt acà mé (èl sif che me piàs mia spetegolà), però i dìs… ghè föra le us che… Me vòi mìa sparlà de nüsü, ma… come l’ó ciapàda ve la dó!

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Il Gruppo di Lettura Libriamoci di San Felice del Benaco organizza un ciclo di serate dedicate ad autori e cultura locali.

Si comincia venerdì 14 gennaio alle 20.30 al Palazzo ex Monte di Pietà di San Felice con “Cülmartei en dialetStorie e aneddoti … de quand che sirem picinì“, un appuntamento interamente dedicato al dialetto.

“Mattatore” della serata il Prof. Claudio Mazzacani, in arte Boletus Satanas (indovinate il perché! vabbé, un aiutino, Boletus Satanas è il nome di un fungo che nel nostro dialetto viene chiamato “Masacà“, da cui “Mazzacani“) , studioso e grande cultore del dialetto e dei costumi della nostra zona, il quale ci intratterrà con storie ed aneddoti … del tempo che fu, ma anche di quello attuale.

Ovviamente ci sarà spazio per interventi da parte di tutti quelli che vorranno porre domande, commentare, aggiungere aneddoti e ricordi personali, rendendola così ancor più viva e gradevole.

Per finire, una piccola sorpresa prima di augurarci la buonanotte … ed un sereno 2011 !

Se ricordate con affetto le storie, i rumori e gli odori di casa quando eravamo piccoli, non potete mancare.

Vi aspettiamo!

Claudio Mazzacani è l’autore in particolare di due libretti oramai introvabili (… ma che io ho e custodisco preziosamente) rispettivamente del 1994 e del 1997 dal titolo “èl dialèt de Salò” che sono delle pietre miliari per chiunque voglia conoscere il dialetto, i personaggi, l’origine degli scötöm, i mestér, gli aneddoti, le contrade di Salò, insomma dei romantici ed esileranti spaccati di vita di paese del ‘900. Questi due libretti in particolare sono raccolte della rubrica che il nostro Boletus Satanas teneva su La Civetta, un glorioso “giornalino” locale che ora non c’è più.

So di far torto a tutti gli altri racconti, ma  ecco un paio di aneddoti esemplificativi dei molti reali ma troppo divertenti che si possono trovare:

Nel terzo capitolo dedicato alla contrada di Vìla e Cünitù (Villa e Cunettone):

Una famiglia un giorno si vide recapitare dal pustì Gregorio (quello che, a cavallo della sua vecchia bicicletta, si faceva preannunciare dal suono di una trombetta) una scatoletta di latta. Provenendo dall’America, riportava delle scritte in inglese per cui non si riuscì a capire cosa fosse.
Il contenuto (della polvere abbastanza scura) si rivelò, all’assaggio, di gusto un po’ strano e salaticcio ma abbastanza saporito. Si convenne che non poteva essere altro che un aroma esotico, fatto di spezie … “che ghè sul èn Mèrica” …
A quei tempi vi era scarsità di formaggio per cui “le dróghe” furono usate soprattutto per insaporire la pastasöta.
La scatoletta era quasi vuota quando, circa un mese più tardi, arrivò in Comune, da non so quale Ente americano, la comunicazione che il signor Tal dei Tali era deceduto e le ceneri erano stato inviate ai parenti più prossimi.

Fantastico! Omama, si sono mangiati il parente sulla pastasciutta! 🙂

Nel capitolo dedicato agli scötöm si può leggere:

… il Néga-signùr. Costui faceva il sagrestano e, durante i funerali, era incaricato di occuparsi della croce che precede il corteo. C’è da notare che, fino a qualche decennio fa, il corteo funebre si recava al cimitero in barca (c’era una bissa nera, appositamente attrezzata per trasportare la bara).

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Durante queste vacanze non mi sono fatto mancare dei bei giri in bicicletta, anche in montagna.

In uno di questi mi sono fermato per un rifornimento d’acqua alla fontanella di Eno in Valsabbia, un piccolo paesino di montagna dove si possono ancora vedere delle scene di vita contadina di un tempo, come ad esempio in mezzo alla strada un colapasta con dentro del pane bagnato per le galline, proprio come faceva mia nonna quando ero piccolo, oppure persino una casa abitata da qualche nostalgico “de la revolución“.

Eno è poi un piccolo agglomerato di case con alcuni scorci caratteristici …

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