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Archive for the ‘Storia’ Category

Ai ristoranti pasta con cappuccino, al bando le medie chiare, radler a profusione, pizze con sopra spaghetti, una babele di lingue, troupe televisive, bandierine, palloncini: non c’è dubbio, a Brescia it’s Millemiglia time.

Come al solito come si vede a me piace soprattutto il contorno …

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L’Eremo di San Valentino è uno dei luoghi più suggestivi del lago di Garda, da cui si può godere la vista di splendidi paesaggi, come questo …

Situato ad una altezza di 772 mslm in un fessura della roccia sulla costa a picco sul lago di Garda, a nord di Gargnano, io Paola e Camilla (6 anni) l’abbiamo raggiunto a piedi da Sasso (550 mslm, dove abbiamo lasciato l’auto) con una passeggiata abbastanza facile di circa 50 minuti.
Il percorso è adatto anche alle famiglie con bambini, sostanzialmente senza pericoli, stando lievemente attenti nella seconda parte al lato esposto a lago e ad una breve scalinata ricavata nella roccia a pochi minuti dall’eremo.

La meta però è questa …


La tradizione racconta che il piccolo e isolato Eremo di San Valentino venne costruito da alcuni gargnanesi per sfuggire alla peste del 1630. Sebbene però il culto di San Valentino si sia diffuso in relazione alle epidemie, l’eremo non viene menzionato prima del 1673.
L’eremo fu abitato da almento tre eremiti: di uno parla una relazione del 1684, seguito nel 1760 da Giovanni Marchetti, mentre l’ultimo fu Geremia Paladini che, giunto da Casson Veronese nel 1849, morì a Sasso nel 1865.

L’interno è un po’ spoglio, ma comunque affascinante con il suo essere addossato alla roccia …

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Il grave terremoto che ha colpito il basso lago di Garda alle 23.59 del 24 novembre 2004 è stato analizzato nei dettagli dalla scienza, poco o nulla però si sa dell’aspetto umano, delle paure, dei disagi, delle difficoltà, della ricostruzione.

Il nostro personale racconto di quella notte è uno di quelli che Camilla ama sentirsi periodicamente raccontare e noi ogni volta siamo quindi costretti a ripercorrere quei minuti, quelle ore, quei giorni, quelle settimane.

Nei giorni scorsi, dopo l’ennesima replica, Cami l’ha improvvisamente visualizzato in un disegno che mi è parso particolarmente completo per i suoi 6 anni, la nostra Tapisserie de Bayeux dell’evento 🙂 …

Cliccare sull'immagine per ingrandirla

Sì, lo so, forse così non è immediato, ecco quindi in breve il nostro personale racconto, così poi guardando il disegno tutto sembrerà chiarissimo:

Il nostro terremoto del Garda del 24 novembre 2004

24 novembre 2004, è sera, ora di dormire, Paola ed io ci infiliamo sotto le calde coperte.
Camilla è in pancia di Paola da 6 mesi allegramente scalciante, gliene mancano ancora 3 prima di vedere la luce, o almeno così pensavamo, visto che ha voluto poi bruciare i tempi di oltre 1 mese.

Alle 23.59 il letto trema in modo morbidamente energico, come fossimo su un materasso ad acqua (saprò dopo che tale effetto è dovuto alla natura argillosa del terreno su cui poggia la nostra casa). Tempo di riprendersi dal brusco risveglio e tutto è già terminato.

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Passeggiare su passerelle sopra il fiume all’interno del “canyon” scavato dall’acqua, passare dentro la cascata del Pisot, osservare i resti delle vecchie fucine lungo il torrente, il maglio, l’ingegnoso sistema di areazione convogliando l’aria spostata dalla cascata, il Poiat per fare il carbone, un pranzo al rifugio Paradiso: è stata proprio una bella sorpresa la passeggiata nel Parco delle fucine di Casto!



Parliamoci chiaro, Casto non è esattamente un “bijoux” di paese, disseminato com’è di industrie (d’altronde ha dato i natali a Luigi Lucchini, fondatore dell’omonimo gruppo industriale), e senza il racconto di DiBo non mi sarei mai sognato di andarci e per di più invitare amici a trascorrere una domenica passeggiando sui suoi sentieri. Invece il parco delle fucine è proprio carino (a parte la pioggia che ci ha accompagnato per la seconda parte) e per di più con passeggiate per tutti e per tutti i gusti, con anche ferrate e ponte tibetano per i più temerari.

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Sono stati 4 giorni di festa di paese a San Felice, ogni sera un appuntamento dove piacevolmente incontrare tanta gente, fare le classiche quattro chiacchiere e degustare qualche buon prodotto locale.

Felixia con gusto30 giugno

Siamo partiti giovedì per il secondo anno consecutivo con la classica cena itinerante per i vicoli del paese assaggiando piatti e vini di tutte le oltre 20 postazioni gestite da ristoranti e produttori locali, ascoltando musica dal vivo e conversando piacevolmente con chi incontravamo. Ecco alcune foto scattate dal mio amico Marco, ehm, io infatti mi ero un po’ distratto …



Felixia nell’aia, tra olio e vino – 1 luglio

Il secondo giorno con Cami siamo andati rigorosamente in bicicletta nella splendida location della Cooperativa agricola di San Felice “La Verità” per una serata all’insegna dello spiedo con polenta, e delle danze con anche l’esibizione della scuola di ballo Cristian Dance: incantevole la ballerina con il vestito bianco, le bambine erano letteralmente estasiate nel vedere quei vestiti che a loro parevano da fate, ma anche i papà e in generale i maschietti 😛 …


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Mont Saint-Michel è uno dei luoghi più belli, visitati e raccontati al mondo, ogni altra parola è quindi superflua, le immagini parlano da sole, anch’io infatti non mi sono sottratto al rito di massa della fotografia al tramonto avventurandomi sulla spiaggia prima dell’arrivo della famosissima marea …

… sì, la marea, qui è tra le più potenti e impressionanti al mondo, tanto che si dice riesca a coprire i 14 km liberati dalla bassa marea alla velocità di un cavallo al galoppo.

Per gli amanti di architetture e borghi medievali questo luogo è veramente  il massimo che si possa trovare e passeggiare tra i suoi vicoli soprattutto la sera quando il parcheggio è gratuito e quando la massa di gente è oramai scemata è particolarmente affascinante.


L’abbazia è il nucleo originale e la sua architettura è andata stratificandosi e modificandosi nei secoli, trasformandola in un incantevole dedalo medievale di stanze, porte e passaggi, ma anche con scorci mozzafiato sulla baia …



Pernottare sull’isola è particolarmente costoso e anche scomodo, noi abbiamo quindi trovato questo luogo che consiglio vivamente, la Ferme Saint-Joseph, una tipica fattoria ben ristrutturata in un luogo tranquillo, che affitta appartamenti a prezzi molto onesti con prima colazione, ma soprattutto con davanti a voi in tutto il suo splendore il Mont Saint-Michel, e poi con vari animali in libertà, luogo perfetto per i bambini; dico solo che Camilla quando siamo partiti ha pianto, eccone quindi alcune immagini:


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Arriviamo ad  Arromanches les Bains (Gold Beach), sulle spiagge dello sbarco in Normandia e mi trovo totalmente disorientato, pieno di gente in divisa, mezzi militari ovunque, ma cosa succede? Pare di aver fatto un salto indietro nel tempo di 67 anni!

Niente paura, come dicevo nei giorni scorsi, siamo arrivati inconsapevolmente sulle spiagge dello sbarco in Normandia proprio il 6 giugno, proprio il giorno dell’anniversario. L’altro ieri ho voluto onorare i mortiieri i sopravvissuti, ma ogni anno fortunatamente l’anniversario del D-Day è una occasione di festa, di molte rievocazioni storiche e di raduni di appassionati da tutto il mondo.

Corro subito in spiaggia a catturare qualche istante …

Una vera “goduria” per gli appassionati di “cose” militari. Io, che invece non provo particolare interesse, amo osservare i dettagli di costume di queste jeep …




… e mi diverto ad osservare  stravaganti personaggi in divisa militare d’epoca dalla mattina fino alla sera, e poi a cena nei bistrot o a passeggiare tranquillamente sul lungo mare …

… senza però dimenticare che qui c’è stata una guerra dura, durissima, e quindi non mancano per strada tristi ed inquietanti cimeli.

Per chi fosse interessato ho raccolto anche altre fotografie in un piccolo album proprio sullo sbarco.

Con questo terzo articolo direi che termino il mio personale ricordo dello sbarco in Normandia.

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ItalianoA Veteran of the Normandy landings after 67 years in meditation in front of Omaha Beach; I can’t but stop and contemplate him.

I think it impossible even to imagine what is passing through his mind, friends, fears, hopes, youth, so much nostalgia.

As I wrote yesterday, we unconsciously got on the beaches of the Normandy landings just on 6th June, the anniversary. Yesterday, I honoured the dead, but there were, luckily, many survivors, and to my great pleasure, I discover many are still alive.

We look at them walking in their Veteran uniform, with all their honors on their breasts.

I don’t dare get closer, I admire them at distance, as if they were living monuments, close to 90 years of age, I’m afraid of disturbing them. I observe them fascinated while they amiably chat till high night just out the restaurant Le Papagall in Arromanches les Bains (Gold Beach).

We take courage and ask the waitress if we disturb them in case we sit and chat with them. It is useless indeed, since one of them is joking with Camilla through the window panes … we go out.

In a few seconds, I am amiably talking to Mr. Leonard Cox, 13th Platoon C. Company, English Veteran, 87 years old, landed on 6th June 1944 early in the morning, just after the very first soldiers, a real institution, a hero, insomuch as his portrait is painted on a wall of Arromanches.

Camilla and I are with a living monument, I don’t want our images take even for a second the stage from Leonard. Leonard tells me that he comes here in these days every year since 1946; he can’t but come, be what it be; he stops with pleasure to talk to people; he tells me about the dismay of those dreadful moments; we enter onto familiar terms with his accounts of 1944, but I don’t want to exaggerate, hence the chat is diverted to soccer; he tells me he is a fan of Fulham team, he asks about Camilla, I tell him she will start school in September, and he gives her these stickers for her books, not to forget …

We meet other Veterans, now I know it is enough for them just to hear a “Thank you!”, as their poem says, and when I happen to meet them, I get closer, I shake hands, I thank them, and I see them smile …

D-DAY 1944

They ask us why we do it
Why we still parade
Now that we are getting older
And just a little frayed
It’s not for the sake of glory,
Or the medals on our chest
It’s simply that we are comrades
Who stood the final test.
On the 6th June that fateful day
A day that we will never forget
Many a lad laid down his life
And paid the final debt.
So when you see a Veteran
Give the man your hand
For the medals on his chest
Were won in foreign lands
And when God asks the question
Who are you my man
I will proudly answer
Sir, I am a Veteran

Again, thank you Leonard, thank you boys!

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EnglishUn veterano dello sbarco in Normandia dopo 67 anni in raccoglimento davanti al panorama della spiaggia di Omaha, non posso non fermarmi a contemplarlo.

Non penso si possa neppure immaginare cosa gli possa passare in testa, amici, paure, speranze, giovinezza, tanta tanta nostalgia.

Come dicevo ieri, siamo arrivati inconsapevolmente sulle spiagge dello sbarco in Normandia proprio il 6 giugno, proprio il giorno dell’anniversario. Ieri ho voluto onorare i morti, molti però sono stati fortunatamente i sopravvissuti dello sbarco, e scopro con mio grande piacere che molti sono ancora in vita.

Li vediamo passeggiare in divisa da veterano e con tutte le onoreficenze in bella mostra sui loro petti.

Non oso avvicinarmi, li ammiro da lontanto come dei monumenti viventi oramai prossimi ai 90 anni, ho paura di disturbarli. Li osservo incantato chiacchierare amabilmente fino a tarda notte fuori dalla trattoria Le Papagall di Arromanches les Bains (Gold Beach).

Ci facciamo coraggio e chiediamo alla cameriera se pensa li disturbiamo se ci sediamo a chiacchierare con loro. Non ce n’è bisogno, uno di loro scherza attraverso il vetro con Camilla, raccolgo il coraggio a quattro mani ed usciamo.

In pochi secondi sto chiacchierando amabilmente con Leonard Cox, 13° Platoon C. Company, veterano inglese, 87 anni di età, sbarcato il 6 giugno 1944 al mattino, poco dopo i primi uomini, un’autentica istituzione, un eroe, tanto che la sua effige è dipinta sui muri di Arromanches.

Io e Camilla siamo insieme ad un vero monumento vivente, non voglio neppure che le nostre immagini tolgano anche per una minima parte il proscenio a Leonard. Leonard mi racconta che dal 1946 viene ogni anno nei giorni a cavallo del 6 giugno, non può assolutamente farne a meno, in qualunque condizione, si ferma con grande piacere a chiacchierare con le persone, mi racconta delle paure di quei terribili momenti, entriamo in confidenza nei racconti di quei giorni del 1944, non voglio però esagerare, quindi il discorso passa al calcio, mi racconta che è tifoso del Fulham, mi chiede di Camilla, gli racconto che a settembre andrà a scuola, gli dona questi adesivi da incollare ai suoi quaderni, per non dimenticare …

Incontriamo anche altri veterani, ora so che a loro basta sentirsi dire un grazie, come dice anche la loro poesia, e quando li incontro mi avvicino, con una stretta di mano, li ringrazio e li vedo sorridere …

D-DAY 1944

They ask us why we do it   (Ci chiedono perché lo facciamo)
Why we still parade   (Perché sfiliamo e ci mostriamo)
Now that we are getting older   (Ora che stiamo invecchiando)
And just a little frayed   (E siamo un po’ logori)
It’s not for the sake of glory,   (Non è per la gloria,)
Or the medals on our chest   (O per le medaglie sul nostro petto)
It’s simply that we are comrades   (E’ semplicemente perché siamo compagni)
Who stood the final test.   (Che si sono trovati davanti all’esame finale.)
On the 6th June that fateful day   (Il 6 giugno, quel giorno fatidico)
A day that we will never forget   (Un giorno che non dimenticheremo mai)
Many a lad laid down his life   (Molti ragazzi diedero la propria vita)
And paid the final debt.   (E pagarono il debito finale.)
So when you see a Veteran   (Così quando vedi un Veterano)
Give the man your hand   (Stringigli la mano)
For the medals on his chest   (Perché le medaglie sul suo petto)
Were won in foreign lands   (Furono vinte in terre straniere)
And when God asks the question   (E quando Dio pone la domanda)
Who are you my man   (Chi sei tu mio uomo)
I will proudly answer   (Io risponderò con orgoglio)
Sir, I am a Veteran   (Signore, sono un Veterano)

Ancora grazie Leonard, grazie ragazzi!

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ItalianoWe arrived on the beaches of the Normandy landings.

For me, this is a great emotion for what these beaches represent in History, but mainly for all the young lives broken by an inexpressible violence; young men to whom, to this day, after 67 years, I feel I must say a great, immense  Thank You! for the freedom they gave us, at the cost of their own lives.

To get there, unconsciously, just on 6th June, the anniversary of the landings (June 6th, 1944) with all the manifestations, the historical  commemoration and the veterans, well… I have to say it was moving.

OmahaUtahGoldJunoSword are the sadly epic names of some of the beaches where on 6th June 67 years ago took place the greatest landings in human history, 560,000 men, 6,939 vessels, 11,000 planes, but most of all an immense violence and so many young men who found their death here.

A visit at the American Cemetery of Colleville-sur-Mer, just above Omaha Beach is compulsory, and I strongly tried to have Camilla (my baby) understand the tragedy and the importance of what happened here, the hope that, from here, revived all over Europe. Of course, with all the delicacy due to a child who is still going to the kindergarten.



The perfect accuracy, the geometry, the snow-white marble of the 9,387 headstones, in deep contrast with the green grass, the colours of flowers, and the blue of sky and sea, give a deep sense of sacred to this place.


The biggest danger is perhaps that of getting lost in the vastness and the great numbers of this tragic place, forgetting that, below each and every cross there is a boy, a family, brothers, sisters and a lot, a lot of fear, pain, desperation.

Luckily, the remarkable Memorial is focused on some individual stories of privates, bringing out the human sides of this dreadful tragedy, such as, f.i., the story of the Niland brothers, especially of Sergeant Frederick “Fritz” Niland belonging to the 101st Airborne Division, whose concerns inspired the Steven Spielberg’s Oscar-winning movie “Save Private Ryan”.

Anyway, I chose, at random, one out of those many young men who rest here in peace, and thank him symbolically for his sacrifice, Arthur M. Krupp, who entered the Army in Illinois. At the moment of his death, on 10th July 1944, he was Private First Class (U.S. Army) in the 36th Armored Infantry Regiment, 6th Armored Division. He was decorated with the Purple Heart.
Thank you Arthur, and thank you all, boys!

But, what did those boys feel and see at the moment of their landing?

I want to see with my own eyes, and feel on my own skin the temperature of the water in this icy stretch of sea. Hence, here I am, at Omaha Beach, in the water that, I assure you, is really icy.

On 6th June 1944 I would have seen an endless line, thousands of these images …

And see here below, on the left, the probable view of an American soldier, and, on the right, that of a German soldier …

Today, luckily, Omaha – as well as the other beaches – is “only” a beautiful beach where Camilla can play with the sand, in tranquility and with breathtaking views …

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EnglishSiamo arrivati sulle spiagge dello sbarco in Normandia, è per me una grande emozione per ciò che ha rappresentato nella storia, ma soprattutto per le tante giovani vite spezzate da una indicibile violenza, ragazzi a cui ancora oggi, a distanza di 67 anni, sento di dover dire un grande e immenso Grazie per la libertà che ci hanno donato, spesso a costo delle loro stesse vite.

Arrivare poi inconsapevolmente proprio il 6 giugno, giorno dell’anniversario dello sbarco (6 giugno 1944), con tutte le manifestazioni, le rievocazioni storiche e i veterani, beh, devo dire che è stato toccante.

Omaha, Utah, Gold, Juno, Sword, sono nomi tristemente epici di alcune delle spiagge su cui il 6 giugno di 67 anni fa è avvenuto il più grande sbarco della storia dell’umanità, 560.000 uomini, 5.400 navi, 11.000 aerei, ma soprattutto tanta violenza e tanti giovani ragazzi che qui hanno trovato la morte.

La visita al Cimitero Americano di Colleville-sur-Mer proprio sopra Omaha Beach è d’obbligo, ma soprattutto ho voluto provare a far capire a Camilla la tragedia e l’importanza di ciò che qui è accaduto, la speranza che da qui si è riaccesa in tutta Europa, ovviamente con anche la leggerezza doverosa nei confronti di una bambina che va ancora all’asilo.



Il perfetto ordine, le geometrie, il bianco candido del marmo delle 9.387 lapidi, in forte contrasto con il verde dell’erba, i colori dei fiori e l’azzurro del cielo e del mare donano a questo luogo un profondo senso di sacro.


Il pericolo forse più grande è però quello di perdersi nell’immensità e nei grandi numeri di questo tragico luogo, dimenticandosi che dietro ognuna di queste croci c’è un ragazzo, una famiglia, fratelli, sorelle e tanta, tanta paura, dolore e disperazione.
Fortunatamente il notevole Centro Visitatori si concentra su alcune singole storie di vita di soldati mettendo soprattutto in risalto i risvolti umani di questa immane tragedia, come ad esempio la storia dei fratelli Niland e in particolare di sergente Frederick “Fritz” Niland appartenente alla 101ª Divisione aviotrasportata, dalle cui vicende è tratto il film premio Oscar di Steven SpielbergSalvate il soldato Ryan“.

Comunque ho voluto scegliere uno a caso tra i tanti giovani che qui riposano e ringraziarlo simbolicamente per il suo sacrificio: Arthur M. Krupp, entrato in servizio in Illinois, al momento della sua morte avvenuta il 10 luglio 1944 aveva il grado di Private First Class (U.S. Army) nel 36° Regimento Fanteria Corazzata, 6^ Divisione Corazzata, ed è stato insignito del Purple Heart.
Grazie Arthur e grazie a tutti voi ragazzi!

Ma cosa avranno provato e visto questi ragazzi al momento dello sbarco?

Voglio vedere con i miei occhi e sentire sulla mia pelle la temperatura dell’acqua in questo tratto gelido di mare. Eccomi quindi sulla spiaggia di Omaha Beach immerso nell’acqua che vi assicuro essere gelida.

Il 6 giugno 1944 avrei visto una distesa sterminata di migliaia di queste immagini …

ed ecco qui sotto a sinistra la potenziale vista di un soldato americano e a destra quella di un soldato tedesco …

Ora fortunatamente Omaha (come pure le altre spiagge) è solo una splendida spiaggia dove Camilla può giocare con la sabbia in tutta tranquillità e con panorami mozzafiato …

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28 maggio 1974, Strage di Piazza della Loggia, 37 anni fa una bomba esplodeva durante una manifestazione antifascista: 8 morti e 102 feriti.

Come per la strage di Bologna Luigi, che abita a Brescia, mi ha mandato un suo bel racconto sulla strage vista con l’ottica di lui allora bambino, con anche le sue sensazioni a distanza di anni:

Convivere per 37 anni con il ricordo di una bomba, scoppiata nel centro della mia città. Vedere l’agitazione di chi volle capire, scoprire, senza rassegnarsi al silenzio freddo e colpevole che sembrava avvolgere tanti palazzi e tante case. Sentire la loro indignazione ribollire, scoppiare feroce e poi scemare negli anni, per la mancanza di risposte, di verità. Oppure per consunzione, per sfinimento, per la decimazione della vecchiaia. 28 Maggio1974.

Fu come l’esplosione di un male oscuro, di cui si sapeva da poco, che aveva già colpito ma che molti, ancora, si rifiutavano di considerare una possibile epidemia. Invece colpì anche a Brescia, con effetti rapaci su un’intera città, su un intero popolo, causando molte perdite. Per i bambini dell’innocenza, per i giovani della libertà, per gli adulti e gli anziani quella della giustizia.

All’istante colpì i prossimi all’epicentro, lasciando 8 morti e un centinaio di feriti gravi e gravissimi, ma poi cominciò ad affliggere anche tutti i presenti in piazza Loggia, e in città a quell’ora esatta. Quelli che dopo poche ore corsero a comprare le edizioni straordinarie dei giornali, anche quelli che non lo facevano mai, o che ci mandarono i bambini con 100 lire in mano.

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La chiesa di Saint-Sulpice a Parigi si trova nel vivace quartiere di Saint Germain. Ha le dimensioni imponenti di una cattedrale e noi passeggiando entriamo a visitarla, non solo per la sua bellezza, non solo per la particolarità delle sue due torri laterali tra loro differenti, ma anche noi come altri incuriositi dal romanzo di Dan BrownIl Codice Da Vinci“.



Nel romanzo infatti Saint-Sulpice viene indicata come luogo di passaggio della cosiddetta Linea della Rosa, che nella romanzata esoterica interpretazione dell’autore dovrebbe essere il primo meridiano del mondo, il meridiano di Parigi, contrassegnata da una linea in ottone che attraversa il centro di Parigi con dei medaglioni con la scritta “Arago” a distanze regolari, fino ai sotterranei del Louvre, al di sotto della cosiddetta piramide rovesciata, dove si troverebbe l’ultima dimora del Santo Graal.
Il film di Ron Howard tratto dal romanzo ha poi dato ovviamente maggiore potenza a questa invenzione consentendone la visualizzazione.

Tale linea all’interno di Saint-Sulpice esiste veramente, ma la sua funzione era solamente di carattere scientifico-astronomico.
La cosa buffa è che non pochi devono aver creduto veramente veramente all’esistenza della Linea della Rosa, tanto che i reggenti della chiesa di Saint-Sulpice hanno ritenuto di appendere questo testo di spiegazione all’interno della chiesa, eccovi la mia traduzione:

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Zanzanù, è questo il nome di uno storico bandito che all’inizio del 1600 con la sua banda seminava il terrore sui monti dell’Alto Garda, in particolare nella zona di Tignale dove siamo stati in occasione dell’ultima passeggiata.

Non sapendone di più mi è sorta la curiosità: ma chi era Zanzanù?

Spulciando tra i miei libri a casa ho trovato un breve profilo:

17 agosto 1617. Per il bandito Zan Zanone (Zanzanù) è stata la data della morte. Giovanni Beatrici, detto Zan Zanone, con la sua banda faceva da anni il bello ed il cattivo tempo tra i monti dell’Alto Garda. Sicuro che nessuno avrebbe avuto il coraggio e la forza di fermarlo, aggrediva, derubava ed uccideva non solo lungo i sentieri della montagna, ma anche vicino e dentro i paesi. Non rubava ai ricchi per dare ai poveri, come faceva Robin Hood, ma a chiunque si trovasse sulla sua strada, ricchi o poveri che fossero. E quando non erano sulla sua strada andava lui a cercare loro.

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Le campane sono indubbiamente il simbolo della festa e qualche giorno fa stavamo passeggiando tra la neve in paese con Camilla, quando sentiamo che i Campanér de San Filìs (campanari di San Felice del Benaco) stanno iniziando un mini-concerto di campane.

Ci infiliamo quindi di soppiatto nella torre campanaria dove, salendo le anguste scalette che portano al primo piano sentiamo … quattro, due, sette, terzine, tre …

Appena raggiunto il piano capisco subito che è il maestro che chiama in anticipo di una battuta il numero delle campane (se non sbaglio a San Felice sono otto) che devono suonare, leggendo lo spartito fatto di numeri: curioso, molto curioso!

Non deve essere facile, oltretutto per suonare le campane più grosse è necessario infilare i piedi in apposite foot straps, immagino per non essere risucchiati verso l’alto dal peso della campana.

Scopro dal Mazzoldi che ciò che abbiamo visto con Camilla è in realtà un pezzo di storia secolare che si sta perpetuando sino ai giorni nostri.

Le prime notizie storiche risalgono infatti al 17 aprile 1408. Era il periodo durante il quale il territorio di Scovolo veniva diviso tra le due comunità di Portese e San Felice. Portese pretendeva la campana del castello, ma San Felice preferì tenersi lo strumento musicale e cedere al suo posto il campo denominato “Ciliegia”.

Scopro che addirittura nel 1600 fu redatto uno Statuto dei Campanari.

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Lungolago di Salò, zona Carmine, immediato dopoguerra, anni ’50, un anziano signore straniero distinto ed elegante con la barba e un vistoso Panama bianco allestisce la propria postazione da artista (sedia e tavolino) con vista sul Golfo di Salò.
Sì, è un artista, ma non un pittore, realizza opere d’arte semplicemente ritagliando con le forbici cartoncini bianchi che poi sovrappone ad altri neri: ritratti, nature morte, paesaggi, scene di vita quotidiana.

Le immagini che riporto qui di seguito sono alcune sue opere e quello qui a destra è un suo autoritratto, ovviamente intagliato, con firma …

Chi sia quest’uomo è un mistero, nessuno lo sa, ma tutti sono incuriositi da questa presenza gentile e riservata. Chi dice che sia uno svizzero, chi un tedesco.

Il ricordo di quest’uomo da parte di mio papà, allora bambino, mi ha sempre molto incuriosito. Un personaggio d’altri tempi, quasi di un altro pianeta, romantico, da Gran Tour, un tocco di poesia in un paese come Salò (come del resto l’Italia) appena uscito dalla guerra, in cui la fame e la povertà erano ancora ben presenti e si faceva fatica a mettere in tavola un piatto.

Un giorno poi quest’uomo scomparve e nessuno seppe più nulla di lui.

In realtà nella mia famiglia è rimasta una traccia di quest’uomo, un piccolo libretto da cui ho preso queste opere, arrivato in casa nostra in modo misterioso visto che mio papà non si ricorda che qualcuno lo avesse acquistato, edito nel 1943, dal quale ho scoperto che il suo nome era Georg Herrmann (anche se si firmava Giorgio Herrmann), era un igienista, e che con tutta probabilità viveva o era solito alloggiare in Riviera Ligure nella zona di San Remo.

Il libretto si intitola “La piccola Cucina Vegetariana“, La cucina della salute, 100 ricette scelte per mangiar bene senza carne, razionalmente spendendo poco.
Da notare il prezzo: costava 7 lire!

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Leggo sui giornali di stamattina le polemiche “politiche” di ieri in occasione della commemorazione dei 30 anni dalla strage di Bologna: non ho aggettivi per definire il mio sdegno.

Non voglio pensarci, smetto di leggere, preferisco di gran lunga il ricordo della strage che mi ha mandato Luigi, allora ragazzo:

2 agosto 1980, c’è un bel sole , fa caldo … siamo arrivati ieri … finalmente veniamo al mare in agosto!
Dopo tanti anni in settembre … quando ormai è successo tutto, non fa più caldo … e si leggono solo i manifesti impolverati delle feste … finalmente ci siamo!

Quanta gente al Bagno Salucci 73, Pinarella di Cervia. Quanti grandi simpatici, con quell’accento strano che non capisco ma che mi piace tanto e cerco di imitare, facendoli ridere. Quanti ragazzi come me con cui giocare, fare il bagno, insomma … vacanza!

E’ quasi ora di pranzo, la mamma è già salita in appartamento a preparare, e come al solito si raccomanda di non arrivare tardi, come al solito, ma come si fa, sembra così … da grandi … mangiare in spiaggia … una piada … ti sembra di non approfittare abbastanza del tempo se vai a casa … mangi … fai un sonnellino … e poi torni in spiaggia.

E di colpo i grandi si riuniscono intorno a Piero. E’ simpatico Piero, una gran testa di capelli … una faccia che sembra un attore, ne ha sempre una da raccontare, anche di quelle che per noi ragazzini sarebbero un po’ … beh insomma … ma noi le ascoltiamo prprio per quello!

Ma Piero non sta ridendo, ha in mano un giornale con dei gran titoli e sentiamo che parlano a voce bassa … e poi arrabbiata … Hanno messo una bomba alla stazione di Bologna, dei gran morti.

Sei anni prima, il giorno del mio compleanno scoppiò una bomba nella mia città. La maestra era stata chiamata al telefono, cosa che sucedeva solo per cose gravi, molto gravi, ed era tornata molto spaventata, ma io ero troppo piccolo per capire.
Capivo solo che il mio compleanno era rovinato, nessuno dei grandi aveva voglia di fare festa, e i bambini lo sentivano.
Passammo il pomeriggio a correre avanti e indietro fino all’edicola, a 100 metri da casa, due incroci, uno pericoloso, state attenti. Tutti i grandi volevano leggere il giornale, vedere cos’era successo. Costava 100 lire.

Di nuovo, oggi, la mia giornata di sole e di allegria è rotta, la vacanza è cominciata male. Ma oggi ho 6 anni di più, capisco meglio quello che è successo, ma non capisco cosa stia succedendo.

La mia estate del 1980 fu interrotta e infranta da una bomba messa in stazione a Bologna, che uccise molte persone e ne ferì molte altre. Oggi dopo 30 anni mi chiedo quale sia il motivo di tutto questo, e se guardo la televisione o leggo i giornali, mi chiedo in che paese sono cresciuto, ma soprattutto in quale finirò la mia vita. Spero non questo.

Luigi

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In occasione della Giornata della Memoria a San Felice del Benaco il prossimo giovedì 28 gennaio 2010 alle 20.30 al Palazzo Ex Monte di Pietà si terrà una serata del titolo:

NON SI POTEVA DIRE NO!

La signora Delfina Borgato racconta la sua esperienza di prigionia nel lager di Mauthausen.

Per conoscere e non dimenticare!!!

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Nel libro di Tullio Ferro “Vele color di cedro“ (Editoriale Sometti) è riportata una vicenda storica del 1439 che mi ha molto affascinato, degna di un film di Hollywood e che prende il nome di Galeas per montes, una arditissima impresa di ingegneria militare realizzata dalla Repubblica di Venezia che consistette nel trasporto di barconi galee e fregate dal mar Adriatico al lago di Garda, risalendo il fiume Adige fino nei pressi di  Rovereto e trasportando le navi via terra a Torbole, sulle rive settentrionali del lago, per un percorso di circa 20 km tra le montagne.

Galeas per montes

Da "Storia veneta" in 150 tavole di G. Gatteri

Mappa galeas per montesA quel tempo la città di Brescia era assediata dalle forze del duca di Milano Filippo Maria Visconti e il Garda era controllato dal capitano di ventura Nicolò Piccinino, e in soccorso di Brescia venne quindi la Repubblica di Venezia che nel gennaio 1439 sotto la guida del condottiero Gattamelata organizzò la spedizione militare Galeas per montes facendo giungere sul Garda una flotta di quasi 30 navi partite da Venezia che percorsero l’Adige fino a Ravazzone presso Mori e le fecero poi scendere a Torbole attraverso la Val di Loppio con il suo omonimo lago di Loppio e il valico di San Giovanni sul monte Baldo a quota 274 mslm.

Galeas per montesGaleas per montesGaleas per montes

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