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Archive for the ‘Cultura’ Category

Movement is a fantastic privilege, and it allows us to do so much that our grandparents could never have dreamed of doing. But movement, ultimately, only has a meaning if you have a home to go back to. And home, in the end, is of course not just the place where you sleep. It’s the place where you stand.

This is the end of an inspiring speech at TED talks by the writer Pico Iyer about how more and more people worldwide are living in countries not considered their own, and he meditates on the meaning of home, the joy of traveling and the serenity of standing still.

Interesting when he talks about home and our kids, that are much more international and multi-cultured than we are. They have one home associated with their parents, but another associated with their partners, a third connected maybe with the place where they happen to be, a fourth connected with the place they dream of being, and many more besides. And their whole life will be spent taking pieces of many different places and putting them together into a stained glass whole. Home for them is really a work in progress. It’s like a project on which they’re constantly adding upgrades and improvements and corrections.

Where you come from now is much less important than where you’re going. More and more of us are rooted in the future or the present tense as much as in the past. And home, we know, is not just the place where you happen to be born. It’s the place where you become yourself.

He has reminded me the importance of the time I dedicate to just stand, but also a human viewpoint of immigration, or, well, of people who just move.

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I’ve been asked to try to write my first mini-saga.
I’ve been inspired by my visit at Eilean Donan castle (below in my photo), in the Scottish Highlands.

The smiling enemies

Darkness is falling, tongues of fog cover the hillsides down to the lochs.

Eilean Donan is in danger.

Connor is on the look-out, the sword is drawn.

It’s morning, no attacks, relax.

But the enemy is behind: highway, buses and smiling French following a raised umbrella.

The castle is overcome!

(Maurizio Molinari)

Eilean Donan

Eilean Donan

In fact, we arrived when darkness was falling, the castle was closed, silence reigned all around and there was  no one besides us.

The atmosphere was really fascinating, you could imagine warriors, swords, battles, knights.

But when we came back in the morning after, crowds of tourists had already overcome the castle, and the atmosphere of the night before was disappeared.

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Mini-saga

imaginaMini-saga, non avevo mai sentito parlare di questo curioso “genere letterario”; micro-storie di senso compiuto di esattamente 50 parole, non una di più, non una di meno. Direi molto moderne nell’era di twitter.

Ieri ho avuto modo di farne la conoscenza e quindi sono andato a leggermene alcune premiate nel concorso del The Daily Telegraph.

Ecco ad esempio la prima classificata:

War And Pieces by Mary Ann Slater

“Edge pieces first,” he decrees.
All others are rounded up, segregated.
“Blues into the blue pile, browns into the brown. Do not mix them.”
My moves are restricted (a tree here, a cloud there), while he attacks the castle.
I smuggle a piece into my pocket: the revolution has begun.

Come affrontare in modo più efficace di così il tema dell’emancipazione femminile?

Affascinante metafora con il puzzle …

Provo a tradurre (sorry per eventuali imperfezioni linguistiche):

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Grazie a Serena ho scoperto questo bel progetto, “Il cinema a scuola“, e in particolare questo emozionante videoclip su Ora di Jovanotti, realizzato con gli studenti dell’ISS “Algeri Marino” di Casoli dal regista Walter Nanni, mettendo in pratica le tecniche e i trucchi insegnati nel suo corso di cinema, usando facebook come metafora.

Che bello quando la scuola sa emozionare i propri studenti.
Che bello vedere insegnanti che partecipano così attivamente, con tutte le loro energie.
Che bello sentire di un preside avanti di almeno venti anni, che lascia campo libero, facendo esprimere l’arte con grande serenità, coinvolgendo tutti e mettendo a soqquadro la scuola.

Per chi fosse interessato qui c’è una bella intervista al regista su questo lavoro.

L’intervista termina con questa frase:

“Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione” (Victor Hugo).
Per fortuna c’è ancora chi ci crede.

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L’economia del dono

Il turno di notte lo fanno le stelleIn questi giorni ho guardato il bel cortometraggio Il turno di notte lo fanno le stelle da un testo di Erri De Luca.

Sonia e Matteo si incontrano in un reparto di terapia intensiva, alla vigilia di un grave intervento chirurgico. Dandosi coraggio si promettono una scalata sulle Dolomiti come segno di avvio della loro nuova vita, e così fanno …”.

Molto belle le immagini di montagna, e la location: il massiccio del Sella. I ritmi lenti poi e la colonna sonora particolarmente calzante, consentono di godere della strana e preziosa sensazione di essere immersi nella natura e mi hanno fatto sorgere una gran voglia di una bella passeggiata in montagna, quella vera però, le Dolomiti.

Nel dvd si trova anche un documentario di “conversazioni all’aria aperta” di Erri De Luca sul tema del dono, dello scambio gratuito nell’esperienza viva di chi l’ha praticato.
I temi emersi mi hanno colpito ed ho deciso di appuntarmeli, in particolare quella che viene chiamata l’economia sovversiva del dono, del gratis, dello spariglio che riceve in cambio una restituzione gigantesca, che butta a gambe all’aria i pareggi di bilancio, le partite doppie del dare e avere, grazie al gratis.

Esiste già l’economia del dono, il mondo già si regge sul mutuo soccorso, sull’offerta del proprio tempo libero, del proprio sangue, degli organi, della vita stessa, non è utopia, esiste già, sono le sfumature e le possibilità del dono.

Proviamo a pensare all’albero: l’albero abbattuto può ributtare dalle radici, non è finito, perché può ancora risorgere. Anche l’albero colpito dal fulmine, i cirmoli ne sanno qualcosa, riescono a ributtare fuori e a ripartire, perché appartengono alla comunità della terra.
Noi non siamo alberi, noi siamo delle persone singole, staccate, sospese sopra la terra, ma non siamo radicati dentro la terra e possiamo essere spazzati via in qualunque momento. Ma poter donare qualcosa di nostro, tempo, sangue, un organo, la vita stessa, ci fa appartenere al genere umano, ci dà consistenza per appartenere ad una comunità più vasta. La nostra comunità, la nostra terra, il nostro sottosuolo, quello da cui proveniamo e da cui possiamo ributtare come alberi spezzati, è il genere umano, a cui noi apparteniamo attraverso il dono.

Beh, forse è l’utopia di un mondo perfetto, a me basterebbe che a questo mondo ci fosse la maggiore condivisione pre-competitiva possibile.

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Qualche giorno fa in Estonia, passeggiando per le viuzze di notte ci imbattiamo nell’insegna di questo ristorante:

Ristorante Magnuna, non conosco il significato in estone, ma se fosse a Brescia sarebbe un vero spettacolo, a proposito di doppi sensi translinguistici. 😀

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Stavo riguardandomi il video fresco fresco dell’interpretazione di Paola di “Professor Bartleboom“, tratto dal romanzo Oceano Mare di Alessandro Baricco, in occasione dello spettacolo dello scorso 21 giugno “Pandora, le Storie del Vaso” a Cisano di San Felice del Benaco.

Devo dire che insieme alle percussioni di Aligi Colombi, Paola con la sua interpretazione ha saputo decisamente far viaggiare il pubblico in un’altra dimensione emozionale. Sono certo che anche lo stesso Alessandro Baricco apprezzerebbe.

Anche il video, a parte la scarsa qualità delle telecamerine che avevamo a disposizione, e a parte io che ogni tanto passo sullo sfondo, rende abbastanza l’emozione trasmessa.

Anche le altre lettrici sono state molto brave e con le loro interpretazioni ci hanno fatto fare dei piccoli viaggi. Per chi fosse interessato è possibile vedere anche i video delle altre interpretazioni.

Questa serata era la versione live di un podcast letterario http://pandoralestoriedelvaso.wordpress.com che Barbara, Paola e altre amiche stanno curando da qualche mese.

Proprio una iniziativa interessante!
Brava Barbara, brava Paola, brave tutte!

Ascoltando voi mi è venuta in mente una citazione che calza a pennello:

Chi è analfabeta, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria;
chi legge avrà vissuto 5000 anni:
c’era quando Abele uccise Caino, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito … perché la lettura è un’immortalità all’indietro.
(Umberto Eco)

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Ai ristoranti pasta con cappuccino, al bando le medie chiare, radler a profusione, pizze con sopra spaghetti, una babele di lingue, troupe televisive, bandierine, palloncini: non c’è dubbio, a Brescia it’s Millemiglia time.

Come al solito come si vede a me piace soprattutto il contorno …

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In questi giorni ho tenuto due nuove lezioni-pillola interessanti su diritto d’autore e web 2.0 e comunità locali, da cui ho tratto a mia volta due lezioni:

  • Cenni di diritto d’autore per uso di materiali a scopo didattico
    Ho imparato che pochi sanno che per tutti i materiali (in qualunque formato essi siano), in assenza di indicazioni di licenza specifiche, tutti i diritti sono riservati.
    Ho imparato che rispetto alla legge sul diritto d’autore 22 aprile 1941, n. 633, per usi di tipo didattico si sono andate ad aggiungere negli anni varie leggine e regolamenti, che vanno sì nella direzione dello spirito dell’ottimo fair use previsto dalla legislazione statunitense, ma contengono come sempre “fumose” sfumature all’italiana che non consentono un sereno e lineare clima di certezza di legalità nell’utilizzo. Per essere certi meglio quindi attingere a materiali con dichiarazioni esplicite di licenza, come ad esempio le licenze  libere Creative Commons, o altre.
  • Blog, new media e comunità locali
    Ho imparato attraverso l’analisi di case studies che blog, social network, new media, possono avere importanti riflessi e influenzare anche pesantemente le comunità locali di riferimento.

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Proprio un piacevole sabato pomeriggio quello scorso alla biblioteca di San Felice per il primo incontro con gli autori locali, con la presentazione del libro di poesie Mosaici di Anna Pillarella, il tutto impreziosito dalla musica dei Corimè accompagnati da Daniela Savoldi al violoncello.

Le poesie erano molto godibili e dolci, ispirate soprattutto al nostro territorio, come “Porto di San Felice” dedicata al nostro porto, oppure “Via degli Orti” dall’omonima bucolica via di Puegnago.

Per quanto riguarda i Corimè poi io sono un loro fan e quando posso li vado ad ascoltare, eh sì, perché dal vivo sanno trasmettere forti emozioni come pochi, oltre che essere degli straordinari musicisti che suonano sempre con grande cuore e carisma.

Il loro genere? Beh, lo definirei mediterraneo, con però quel tocco di modernità negli arrangiamenti che rende i loro brani attuali e molto coinvolgenti.

Emozionanti  per me in particolare “Amu la terra mia” e “Corimè“, ma anche il loro personale riarrangiamento di “Tu si na cosa grande” è da pelle d’oca.

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Sono stati 4 giorni di festa di paese a San Felice, ogni sera un appuntamento dove piacevolmente incontrare tanta gente, fare le classiche quattro chiacchiere e degustare qualche buon prodotto locale.

Felixia con gusto30 giugno

Siamo partiti giovedì per il secondo anno consecutivo con la classica cena itinerante per i vicoli del paese assaggiando piatti e vini di tutte le oltre 20 postazioni gestite da ristoranti e produttori locali, ascoltando musica dal vivo e conversando piacevolmente con chi incontravamo. Ecco alcune foto scattate dal mio amico Marco, ehm, io infatti mi ero un po’ distratto …



Felixia nell’aia, tra olio e vino – 1 luglio

Il secondo giorno con Cami siamo andati rigorosamente in bicicletta nella splendida location della Cooperativa agricola di San Felice “La Verità” per una serata all’insegna dello spiedo con polenta, e delle danze con anche l’esibizione della scuola di ballo Cristian Dance: incantevole la ballerina con il vestito bianco, le bambine erano letteralmente estasiate nel vedere quei vestiti che a loro parevano da fate, ma anche i papà e in generale i maschietti 😛 …


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Mont Saint-Michel è uno dei luoghi più belli, visitati e raccontati al mondo, ogni altra parola è quindi superflua, le immagini parlano da sole, anch’io infatti non mi sono sottratto al rito di massa della fotografia al tramonto avventurandomi sulla spiaggia prima dell’arrivo della famosissima marea …

… sì, la marea, qui è tra le più potenti e impressionanti al mondo, tanto che si dice riesca a coprire i 14 km liberati dalla bassa marea alla velocità di un cavallo al galoppo.

Per gli amanti di architetture e borghi medievali questo luogo è veramente  il massimo che si possa trovare e passeggiare tra i suoi vicoli soprattutto la sera quando il parcheggio è gratuito e quando la massa di gente è oramai scemata è particolarmente affascinante.


L’abbazia è il nucleo originale e la sua architettura è andata stratificandosi e modificandosi nei secoli, trasformandola in un incantevole dedalo medievale di stanze, porte e passaggi, ma anche con scorci mozzafiato sulla baia …



Pernottare sull’isola è particolarmente costoso e anche scomodo, noi abbiamo quindi trovato questo luogo che consiglio vivamente, la Ferme Saint-Joseph, una tipica fattoria ben ristrutturata in un luogo tranquillo, che affitta appartamenti a prezzi molto onesti con prima colazione, ma soprattutto con davanti a voi in tutto il suo splendore il Mont Saint-Michel, e poi con vari animali in libertà, luogo perfetto per i bambini; dico solo che Camilla quando siamo partiti ha pianto, eccone quindi alcune immagini:


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28 maggio 1974, Strage di Piazza della Loggia, 37 anni fa una bomba esplodeva durante una manifestazione antifascista: 8 morti e 102 feriti.

Come per la strage di Bologna Luigi, che abita a Brescia, mi ha mandato un suo bel racconto sulla strage vista con l’ottica di lui allora bambino, con anche le sue sensazioni a distanza di anni:

Convivere per 37 anni con il ricordo di una bomba, scoppiata nel centro della mia città. Vedere l’agitazione di chi volle capire, scoprire, senza rassegnarsi al silenzio freddo e colpevole che sembrava avvolgere tanti palazzi e tante case. Sentire la loro indignazione ribollire, scoppiare feroce e poi scemare negli anni, per la mancanza di risposte, di verità. Oppure per consunzione, per sfinimento, per la decimazione della vecchiaia. 28 Maggio1974.

Fu come l’esplosione di un male oscuro, di cui si sapeva da poco, che aveva già colpito ma che molti, ancora, si rifiutavano di considerare una possibile epidemia. Invece colpì anche a Brescia, con effetti rapaci su un’intera città, su un intero popolo, causando molte perdite. Per i bambini dell’innocenza, per i giovani della libertà, per gli adulti e gli anziani quella della giustizia.

All’istante colpì i prossimi all’epicentro, lasciando 8 morti e un centinaio di feriti gravi e gravissimi, ma poi cominciò ad affliggere anche tutti i presenti in piazza Loggia, e in città a quell’ora esatta. Quelli che dopo poche ore corsero a comprare le edizioni straordinarie dei giornali, anche quelli che non lo facevano mai, o che ci mandarono i bambini con 100 lire in mano.

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La chiesa di Saint-Sulpice a Parigi si trova nel vivace quartiere di Saint Germain. Ha le dimensioni imponenti di una cattedrale e noi passeggiando entriamo a visitarla, non solo per la sua bellezza, non solo per la particolarità delle sue due torri laterali tra loro differenti, ma anche noi come altri incuriositi dal romanzo di Dan BrownIl Codice Da Vinci“.



Nel romanzo infatti Saint-Sulpice viene indicata come luogo di passaggio della cosiddetta Linea della Rosa, che nella romanzata esoterica interpretazione dell’autore dovrebbe essere il primo meridiano del mondo, il meridiano di Parigi, contrassegnata da una linea in ottone che attraversa il centro di Parigi con dei medaglioni con la scritta “Arago” a distanze regolari, fino ai sotterranei del Louvre, al di sotto della cosiddetta piramide rovesciata, dove si troverebbe l’ultima dimora del Santo Graal.
Il film di Ron Howard tratto dal romanzo ha poi dato ovviamente maggiore potenza a questa invenzione consentendone la visualizzazione.

Tale linea all’interno di Saint-Sulpice esiste veramente, ma la sua funzione era solamente di carattere scientifico-astronomico.
La cosa buffa è che non pochi devono aver creduto veramente veramente all’esistenza della Linea della Rosa, tanto che i reggenti della chiesa di Saint-Sulpice hanno ritenuto di appendere questo testo di spiegazione all’interno della chiesa, eccovi la mia traduzione:

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Quella di venerdì scorso è stata una serata sul nostro dialetto del basso Garda bresciano particolarmente apprezzata e a tratti anche molto divertente, oltre che molto partecipata.

Il nostro rigattiere del paese ha portato alcuni attrezzi che venivano usati una volta, come ad esempio la “gramola” (sfido qualcuno a dirmi a cosa serviva) qui sotto in fotografia, mentre le signore del paese hanno preparato dei dolci tipici che poi al termine della serata abbiamo gustato in compagnia.

Claudio Mazzacani è riuscito ad accontentare tutti i partecipanti.

Ha iniziato con una prima parte culturale illustrandoci le origini storiche del nostro dialetto, le contaminazioni germaniche, celtiche, latine, cimbre di alcuni termini ancora in uso, così pure le evoluzioni nel tempo e nei paesi dovute all’estendersi di scambi e commerci.

Ci ha poi allietato con una seconda parte a base di racconti e aneddoti. Eccovi un video (più sotto trovate anche il testo) di Mazzacani che legge un suo racconto particolarmente divertente dal titolo:

Come l’ó ciapàda, ve la dó

Complimenti a tutto il gruppo di lettura Libriamoci per l’organizzazione, a Paola per la piacevole lettura della poesia iniziale e alle signore del paese che hanno preparato dei buonissimi dolci! 🙂

Ála botéga… (come l’ó ciapàda, ve la dó)

Boletus Satanas (Claudio Mazzacani)
Ottobre 1994

Interno di una bottega di alimentari e generi vari.

Personaggi: Maria “dèl Prét” (M), Pierina “sgurléra” (P) e la boteghéra Antonièta (A) detta “l’aradio” .

A. Ghif sintìt dèla Rusì “fügia” ?
M. Som niènt! Che ghè capitàt, turna, a chèla póera fonna?
A. Ah… so niènt acà mé (èl sif che me piàs mia spetegolà), però i dìs… ghè föra le us che… Me vòi mìa sparlà de nüsü, ma… come l’ó ciapàda ve la dó!

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Le campane sono indubbiamente il simbolo della festa e qualche giorno fa stavamo passeggiando tra la neve in paese con Camilla, quando sentiamo che i Campanér de San Filìs (campanari di San Felice del Benaco) stanno iniziando un mini-concerto di campane.

Ci infiliamo quindi di soppiatto nella torre campanaria dove, salendo le anguste scalette che portano al primo piano sentiamo … quattro, due, sette, terzine, tre …

Appena raggiunto il piano capisco subito che è il maestro che chiama in anticipo di una battuta il numero delle campane (se non sbaglio a San Felice sono otto) che devono suonare, leggendo lo spartito fatto di numeri: curioso, molto curioso!

Non deve essere facile, oltretutto per suonare le campane più grosse è necessario infilare i piedi in apposite foot straps, immagino per non essere risucchiati verso l’alto dal peso della campana.

Scopro dal Mazzoldi che ciò che abbiamo visto con Camilla è in realtà un pezzo di storia secolare che si sta perpetuando sino ai giorni nostri.

Le prime notizie storiche risalgono infatti al 17 aprile 1408. Era il periodo durante il quale il territorio di Scovolo veniva diviso tra le due comunità di Portese e San Felice. Portese pretendeva la campana del castello, ma San Felice preferì tenersi lo strumento musicale e cedere al suo posto il campo denominato “Ciliegia”.

Scopro che addirittura nel 1600 fu redatto uno Statuto dei Campanari.

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Il Gruppo di Lettura Libriamoci di San Felice del Benaco organizza un ciclo di serate dedicate ad autori e cultura locali.

Si comincia venerdì 14 gennaio alle 20.30 al Palazzo ex Monte di Pietà di San Felice con “Cülmartei en dialetStorie e aneddoti … de quand che sirem picinì“, un appuntamento interamente dedicato al dialetto.

“Mattatore” della serata il Prof. Claudio Mazzacani, in arte Boletus Satanas (indovinate il perché! vabbé, un aiutino, Boletus Satanas è il nome di un fungo che nel nostro dialetto viene chiamato “Masacà“, da cui “Mazzacani“) , studioso e grande cultore del dialetto e dei costumi della nostra zona, il quale ci intratterrà con storie ed aneddoti … del tempo che fu, ma anche di quello attuale.

Ovviamente ci sarà spazio per interventi da parte di tutti quelli che vorranno porre domande, commentare, aggiungere aneddoti e ricordi personali, rendendola così ancor più viva e gradevole.

Per finire, una piccola sorpresa prima di augurarci la buonanotte … ed un sereno 2011 !

Se ricordate con affetto le storie, i rumori e gli odori di casa quando eravamo piccoli, non potete mancare.

Vi aspettiamo!

Claudio Mazzacani è l’autore in particolare di due libretti oramai introvabili (… ma che io ho e custodisco preziosamente) rispettivamente del 1994 e del 1997 dal titolo “èl dialèt de Salò” che sono delle pietre miliari per chiunque voglia conoscere il dialetto, i personaggi, l’origine degli scötöm, i mestér, gli aneddoti, le contrade di Salò, insomma dei romantici ed esileranti spaccati di vita di paese del ‘900. Questi due libretti in particolare sono raccolte della rubrica che il nostro Boletus Satanas teneva su La Civetta, un glorioso “giornalino” locale che ora non c’è più.

So di far torto a tutti gli altri racconti, ma  ecco un paio di aneddoti esemplificativi dei molti reali ma troppo divertenti che si possono trovare:

Nel terzo capitolo dedicato alla contrada di Vìla e Cünitù (Villa e Cunettone):

Una famiglia un giorno si vide recapitare dal pustì Gregorio (quello che, a cavallo della sua vecchia bicicletta, si faceva preannunciare dal suono di una trombetta) una scatoletta di latta. Provenendo dall’America, riportava delle scritte in inglese per cui non si riuscì a capire cosa fosse.
Il contenuto (della polvere abbastanza scura) si rivelò, all’assaggio, di gusto un po’ strano e salaticcio ma abbastanza saporito. Si convenne che non poteva essere altro che un aroma esotico, fatto di spezie … “che ghè sul èn Mèrica” …
A quei tempi vi era scarsità di formaggio per cui “le dróghe” furono usate soprattutto per insaporire la pastasöta.
La scatoletta era quasi vuota quando, circa un mese più tardi, arrivò in Comune, da non so quale Ente americano, la comunicazione che il signor Tal dei Tali era deceduto e le ceneri erano stato inviate ai parenti più prossimi.

Fantastico! Omama, si sono mangiati il parente sulla pastasciutta! 🙂

Nel capitolo dedicato agli scötöm si può leggere:

… il Néga-signùr. Costui faceva il sagrestano e, durante i funerali, era incaricato di occuparsi della croce che precede il corteo. C’è da notare che, fino a qualche decennio fa, il corteo funebre si recava al cimitero in barca (c’era una bissa nera, appositamente attrezzata per trasportare la bara).

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Il gruppo di lettura “LIBRIAMOCI” e “SAN FELICE PIU’ FELICE” organizzano per il prossimo Sabato 12 giugno 2010

“SUGGESTIONI GARDESANE”

Passeggiata notturna tra miti e leggende del lago, accompagnati da letture e dai suoni del flauto del Maestro Emanuele Franceschini.

La locandina (PDF)

Ritrovo al parcheggio all’inizio della pista ciclabile entro e non oltre le 20.30.

Partenza ore 21.00 e Rientro ore 23.00

Percorso semplice, percorribile con passeggini
Cani al guinzaglio
Consigliabili piccole torce

Vi aspettiamo!

In caso di maltempo l’iniziativa verrà riproposta sabato 19 giugno !!

Per info: sanfelicepiufelice@gmail.combiblioteca.sfelice@libero.it
tel. 0365.559436 – 328.8478876

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Parlare in pubblico

Paola mi ha chiesto di pubblicizzare questo interessantissimo corso organizzato dalla Biblioteca di San Felice d/B intitolato

Parlare in pubblico

dedicato a chi per motivi professionali o per interesse personale desidera conoscere e sfruttare al meglio le caratteristiche della voce, scegliere un appropriato stile di comunicazione, sapere “come si dice” senza essere smentito, migliorare la propria capacità espressiva, ispirare fiducia e ottenere consensi, dare vita alle parole.

Il programma pare proprio approfondito e professionale.

Il costo non è certo dei più … abbordabili, ma penso che la qualità ripagherà ampiamente coloro che intenderanno seguirlo (anche perchè un corso di questo tipo non si trova spesso nelle nostre biblioteche), quindi forza, sarebbe un vero peccato che una simile iniziativa della nostra biblioteca saltasse per mancanza di iscritti.

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